Prima di cominciare, una precisazione. Purtroppo una persona che ha partecipato alla gita non vuole essere citata, per questo motivo la chiameremo con un nome di fantasia. Visto però che ci sono le foto, non posso darvi l’elenco completo dei partecipanti (sarebbe troppo facile…), ma solo alcuni nomi qua e là. Chi ci conosce ci potrà comunque trovare nelle foto di gruppo. Vi posso dire che, alla fine, tra partenze improvvise per i Caraibi (per lavoro !!!), attacchi di diarrea pre-partenza, campi da arare e ritardatari, alla fine sul pullman ci siamo ritrovati in 25 più Elvio, l’autista. A parte sono scesi tre amici in camper che ci hanno anticipato di un giorno a Norma ma non sono poi venuti al Subasio.
Ma ora bando alle ciance. Sabato mattina alle 11 a Semonzo siamo in 5, stranamente tutti puntuali. Prima tappa dopo 3 chilometri, successive a Castelfranco e Padova Est. Gli ultimi due piloti li abbiamo “raccattati” a un autogrill e al casello di Ferrara sud. Neanche il tempo di terminare la raccolta che subito ci fermiamo per la prima sosta: mezz’ora per pranzare.
Il viaggio si è poi svolto senza intoppi, se vogliamo tralasciare le 2 ore di coda a intermittenza tra Ronco Bilaccio e Firenze sud. Le donne si sono raccolte a metà bus a chiacchierare e alcuni maschietti si sono messi a giocare a scopone scientifico, con alterne fortune. Quando siamo partiti l’autista aveva chiesto la destinazione finale esatta e, quando ha saputo che c’erano dei tornanti si è un po’ preoccupato per il poco sterzo del pullman. Per tranquillizzarlo ho chiamato Graziano che era stato di recente a Norma. “Come sono i tornanti?” gli è stato chiesto. “Oh, beh, niente di che… abbiamo avuto problemi col camper!” Al che il povero Elvio è sbiancato. Solo a tarda sera, in albergo, Graziano preciserà “ma non avevamo la retromarcia!”.
Al passaggio sul raccordo anulare ho chiamato l’albergo per confermare che saremmo arrivati verso le 21.30 e che ci preparassero qualcosa da mangiare. Per il resto niente da segnalare, viaggio tranquillo.
Una volta iniziata la fatidica salita l’autista si è un po’ tranquillizzato perché, pur dovendo fare un paio di retro, i tornanti erano più larghi di quanto temesse. A questo punto ho chiamato di nuovo Graziano per chiedere la strada più diretta per l’albergo, ‘ché non mi ricordavo bene. La risposta? “Non ci sono mica stato in albergo e comunque non credo che il pullman riesca a passare in centro!!!” Era in giornata! Comunque, alla fine, nessun problema a parte il fatto che, per sicurezza, io la strada me la sono fatta tutta a piedi prima che il pullman salisse.
Il tempo di distribuire le camere grazie alla solerte Patrizia e abbiamo potuto cenare. Prevedendo un po’ di trambusto (non siamo i primi parapendisti che vedono) ci hanno dato un piano tutto per noi in un’ala ben isolata del complesso!
Domenica mattina, veglia alle 8.15, colazione e giù al negozio Wing Over a salutare Fabio Federici e organizzare eventuali recuperi. Tutti scalpitano e a nulla vale continuare a ripetere che a Norma si volo soprattutto di pomeriggio, che c’è tempo. Niente da fare, hanno tutti fretta, così carichiamo le vele sul furgone di Fabio che ce le porta all’inizio del sentiero per il decollo. Noi seguiamo a piedi. Prima delle 11 siamo in decollo, inaudito! E infatti, finalmente se ne rendono conto anche gli altri. Comunque il panorama è bello, si vede anche l’aeroporto di Latina. L’erba è soffice e invita a distendersi, facendo però attenzione alla discreta quantità di “liquirizie” disseminata dalle pecore nell’area. Il decollo si trova proprio in mezzo all’antica città di Norba, distrutta intorno all’80 a.C. Ovunque si vedono le tracce delle antiche costruzioni e la porta principale, all’entrata dell’area, è ancora imponente.
Alla fine, tra una chiacchiera e una passeggiata si fa l’una del pomeriggio e la giornata inizia ad animarsi, arrivano anche i piloti locali. Le condizioni sono buone ma non ottime. La giornata è ottima per volare sopra le rovine così come sul paese e il top è alla portata di tutti, tanto che a fine giornata Vanni, Heike, Cesare e Fiorenzo avranno effettuato il loro primo atterraggio in decollo. Addirittura la zona di top landing è separata da quella di decollo ed è quasi piana, evitando così parecchi problemi. La base però è troppo bassa (circa 800 metri con decollo a 400) per voli di cross. Se ne accorge subito Emanuele che, dopo un primo volo di assaggio con relativo top, prova un cross un po’ azzardato ed è costretto ad atterrare alla base del pendio, tra i rovi, per evitare guai peggiori con gli ulivi. Gli ci vorrà tutta la giornata per tornare su. Gli altri, avvisati, si guardano bene dal seguirlo e fanno chi 2 chi 5 voli durante il pomeriggio. Pomeriggio durante il quale mi sono vergognato come un ladro: sembravamo una comitiva dei tanto vituperati polacchi che frequentano la nostra abituale zona di volo. Ho letteralmente perso il conto dei decollo sbagliati. Chi tirava poco la vela, chi troppo, gente che normalmente partiva al primo tentativo alla francese, ridotta dalla fatica a sospendere le prove in attesa di riprendere fiato, chiusure a non finire prima dello stacco e conseguente interruzione del decollo. Insomma, immaginatevi un problema in decollo e vi giuro che lo avreste visto in quel pomeriggio. Un paio di persone, appena partite hanno fatto di quelle pendolate da capelli dritti. Un disastro. A parziale, ma solo parziale, scusante il fatto che il decollo era leggermente in sottovento ed era nuovo. Credo che gli indigeni che ci hanno visto abbiano pensato che almeno metà di noi non volava da più di un anno!
Anche in volo ci sono stati episodi curiosi, ma non pericolosi. In particolare Alberto racconterà poi di non riuscire a capire perché, quando lui arrivava in una termica tutti gli altri se ne andavano… mah! Sempre a lui è capitato un episodio poco lontano dal decollo. Stava volando insieme ad altre vele quando si è sentito cristallino, nell’aria tersa, un fragoroso, romanissimo: ” Ah bbellllooo, e llevate!”
La giornata si è comunque svolta piacevolmente per tutti, incluse le mogli-accompagnatrici-nonvolatrici, che si sono letteralmente rosolate al sole (la sera i colori andavano dal rosso ferrari all’arancio wind). Gli ultimi hanno fatto top poco dopo le 18. Heike e Zuffo, in particolare, sono atterrati praticamente nell’ovile di un gregge, più in basso, pur di non dover scendere. Parecchi invece hanno optato per una più distensiva planata serale. Avrei dovuto fare un biposto con Caterina che ci ha seguito in questa trasferta ma non ha avuto la forza di fare a piedi la strada fino all’albergo e ritorno con lo zaino, posso capirla.
La sera, dopo cena, abbiamo fatto una passeggiata in paese e un po’ di caciara (poca). Mentre passavamo per le strade a qualcuno degli abitanti è scappato “sono quelli dell’autobus!” Sicuramente abbiamo fatto colpo, resta da capire se in bene o in male…
La mattina dopo le donne (alcune) sono partite presto per una gita a Roma insieme all’autista (ma in treno). Noi invece, memori della precedente esperienza ce la siamo presa comoda finché a qualcuno non è venuto in mente di andare a visitare il giardino di Ninfa. Avrebbe dovuto essere chiuso e invece… L’albergo aveva un furgoncino a noleggio, abbiamo preso quello e siamo scesi: autista Emanuele. La scelta si è rivelata azzeccata quanto a perizia e tempistica ma decisamente deleteria per le coronarie dei passeggeri. Vi descrivo la situazione:
- erano già le 10
- erano necessari almeno due viaggi per scendere e due per risalire (10 km a botta)
- bisognava fare rifornimento e non sapevamo dove fosse il distributore più vicino
- la giornata di volo avrebbe dovuto iniziare verso le 13
- non si sapeva quanto sarebbe durata la visita
- Emanuele era l’unico ad aver bucato il giorno prima!
E’ facile intuire come la guida fosse a dir poco spregiudicata ecco.
A ogni modo, abbiamo visitato i giardini e le rovine (guardate la copia del biglietto tra le foto pubblicate!). Se vi capita, andateci, è davvero uno spettacolo meraviglioso. La città è stata abbandonata verso il 1300 e il giardino è stato creato all’inizio del 1900 tenendo conto in maniera maniacale della scenografia e dell’interazione tra acqua, luce e piante. Davvero bellissimo, vi giuro che le foto non gli rendono minimamente giustizia.
All’una e mezza stavamo raccogliendo le vele per andare in decollo. La giornata era molto migliore in quanto il vento meteo era più da ovest, cioè dritto. Ho volato per primo ed era davvero speciale. Peccato che verso le 15.30, quando ho fatto il bipo con Caterina, abbiamo beccato un ciclo negativo e siamo inesorabilmente scesi in atterraggio in meno di 10 minuti. Successivamente la giornata si è ripresa. Abbiamo a proposito avuto la prova matematica dell’importanza di essere donna: Emanuele il giorno prima ha impiegato un pomeriggio per tornare su, noi non abbiamo praticamente fatto a tempo ad alzare il pollice, che già stavamo salendo.
A causa di questo buco mi sono perso l’evento della giornata. I decolli erano stati decisamente migliori, ma non potevamo non lasciare un segno. A questo ha pensato Massimiliano che, proprio mentre noi salivamo in macchina, ha deciso di provare a vedere se l’emergenza che gli avevo ripiegato prima di partire si apriva. In altre parole: ha fatto emergenza. Era poco sotto il decollo e le condizioni non erano ancora riprese alla grande. La Manola (mia moglie), vedendo che non riusciva a salire, ha provato a incitarlo a modo suo: “se risali, prendo il sole in topless”. Lui dice di non aver sentito ma, mentre tutto il decollo (o almeno quelli che avevano sentito) lo teneva d’occhio e tifava per lui (bafftardi!) deve aver esagerato con un comando ed è andato in negativo. All’uscita la vela è rimasta per qualche secondo in paracadutale e il nostro, che era ormai basso, nel dubbio ha pensato bene di lanciare. Il paracadute di soccorso si è aperto subito prima di toccare terra. Ha posato dolcemente i piedi su un sasso, un po’ in pendenza ma senza nessun danno. Hanno corso più pericoli quelli che si sono lanciati a rotta di collo giù per il pendio tra buche e sassi. In particolare Vanni per non rischiare di battere la testa o sbucciarsi un ginocchio, è sceso con ancora addosso la tuta e il casco, rischiando così l’infarto!!!
La giornata è poi proseguita senza altri intoppi. Ad un certo punto Graziano e Anselmo si sono trovati a volare vicini sopra il decollo e si è sentito chiaramente il primo gridare “Ah bbellllooo” e l’altro rispondere “e llevate!”
A riprova che la giornata era migliore della precedente, l’ultimo top è avvenuto ben oltre le 18 ma molti hanno preferito scendere apposta in atterraggio perché giù il furgone arrivava più vicino e si camminava di meno.
La sera, dopo cena, la sorpresa: Vanni compiva gli anni e ci ha offerto dolce. Aveva portato anche del vino ma ci siamo dimostrati più spugne del previsto. Fortuna che c’era Franco che ha preso da parte il maitre e ci ha fatto portare un po’ di spumante. Quando la torta è entrata, gli abbiamo addirittura cantato la canzoncina di auguri!
In previsione dell’alzataccia (ore 6.45) prevista per l’indomani, sono andati quasi tutti a letto presto. A fare eccezione io-Graziano e Massimo-Deivi (oltre a uno sparuto pubblico) che abbiamo dato luogo ad un’epica partita di scopone che noi due abbiamo stra-stravinto.
L’indomani siamo partiti quasi in orario per Assisi, ultima meta del viaggio. Nella fretta alcuni hanno dimenticato di prendere i documenti e se ne sono accorti solo giovedì, cioè 2 giorni dopo! Il viaggio è andato liscio con una breve sosta in un posto innominabile poco prima di arrivare.
Anche in quest’occasione ci siamo dovuti affidare alla memoria di Graziano. I risultati sono stati leggermente migliori dell’andata ma non mi hanno risparmiato un’altra “camminata di sicurezza”, stavolta insieme a Deivi. La nostra fortuna si è ripetuta anche qui. Giornata perfetta. Siamo stati accolti dal presidente del club locale che ci ha accompagnato in decollo con la navetta. Quando siamo arrivati, alla vista del prato gigantesco, quasi ci dimenticavamo di pagarlo tanto eravamo contenti. Con un dislivello di poco oltre i 1000 metri c’era, davanti a noi, il più grande prato che io abbia mai visto! Unico problema, peraltro trascurabile: la pendenza non era grandissima. Francesco e Fiorenzo hanno corso per almeno 200 metri prima di staccare definitivamente i piedi! Siamo decollati più o meno tutti verso le 14 ma era un po’ presto, solo più tardi la giornata è davvero migliorata. Putroppo avevamo poco tempo. Il risultato è stato un volo piuttosto turbolento (Fiorenzo ha preso la sua prima chiusura del 50%) e solo in 3 sono riusciti, tenendo duro, a sorvolare Assisi e fotografare dall’alto la basilica. Per gli altri resta comunque il bellissimo panorama con il lago Trasimeno che si intuiva nella foschia.
Alle 16.30 siamo partiti per il rientro ma ci siamo fermati dopo 1.3 km: necessità biologiche impellenti. Ne abbiamo approfittato per fare scorta d’acqua. Qualcuno però ha iniziato a comprare gelati e si rischiava di fare notte tra ‘na cosa e l’altra. Per fortuna ci ha pensato ancora una volta Franco a salvare la situazione comprando tutto il cartone dei cornetti. Grazie mille.
Il ritorno si è svolto senza problemi e anche la coda è stata ridotta a qualche tratto tra Cesena e Bologna, durante il quale ne abbiamo approfittato per sbirciare nelle auto che ci sorpassavano o che sorpassavamo.
Graziano e Francesco sono scesi a Ferrara sud poco prima delle 21, il gruppo di Padova verso le 21.50 e quello di Castelfranco alle 22.30. Verso le 23 il pullman si è definitivamente svuotato a Semonzo, dopo che avevamo lasciato davanti a casa anche l’Heike.
E questo e tutto gente!
Sono sicuro che mi sono dimenticato un mucchio di cose (sono scarsino in memoria) e prego tutti i partecipanti di farmelo presente, cosicché possa integrare il racconto, a beneficio di tutti. Saranno pubblicati anche eventuali commenti. Per ora però penso che basti.